TFR anticipato: come funziona e quali sono i pro e contro

Quando un lavoratore chiede l’anticipo del TFR, spesso si trova davanti a sguardi storti, obiezioni implicite e sospiri rassegnati. Come se stesse chiedendo un favore personale. Ma facciamo chiarezza: l’anticipo del Trattamento di Fine Rapporto è un diritto. Non una concessione, non un premio, non una gentilezza. Un diritto previsto dall’art. 2120 del Codice Civile e disciplinato da norme precise.

Eppure, la narrazione dominante lo trasforma in un tabù. Un po’ perché intacca “il tesoretto” che l’azienda preferirebbe non toccare. Un po’ perché in molti ignorano i reali motivi per cui un lavoratore può farne richiesta: spese mediche gravi, acquisto della prima casa, congedo parentale. Parliamo di bisogni, non di capricci.

Perché allora viene visto come un favore?

La risposta è cruda: perché tocca i flussi di cassa dell’azienda. Quel TFR accantonato, di fatto, è ancora nella disponibilità del datore di lavoro fino al momento della liquidazione o del conferimento in fondi pensione. Anticiparlo significa “liberarlo” prima del tempo, e per molti imprenditori questa è una seccatura, talvolta un problema. Ecco perché si tende a scoraggiare la richiesta, a farla passare per un’eccezione da motivare in ginocchio.

Ma qui entra in gioco il secondo punto chiave: l’anticipo del TFR non è solo un diritto per il lavoratore. È anche un rischio per lui.

Qual è il vero rischio per il lavoratore?

Quando un lavoratore accede al TFR in anticipo, sta “bruciando” oggi una parte di quello che dovrebbe essergli utile domani. In altre parole, sta rinunciando a un ammortizzatore prezioso, spesso in un momento in cui il suo potere contrattuale è basso. È come svuotare il salvadanaio prima della tempesta. Può essere necessario, certo, ma non è mai indolore.

Inoltre, se l’azienda non versa regolarmente il TFR in un fondo o se naviga in cattive acque finanziarie, il rischio è duplice:

  • per il lavoratore, che potrebbe ricevere meno di quanto gli spetterebbe;

  • per il sistema, che perde fiducia nella solidità del rapporto tra azienda e dipendente.

Cosa si può fare?

Serve un cambio di prospettiva. Le aziende devono smontare l’idea paternalistica del TFR, riconoscendo al dipendente la titolarità piena su quella somma. E i lavoratori devono essere consapevoli del valore e della funzione del TFR, considerandolo parte integrante della propria strategia di sicurezza economica.

In parallelo, è utile rafforzare la cultura finanziaria all’interno dei luoghi di lavoro, per rendere le scelte più informate, meno emergenziali e più sostenibili nel tempo.


L’anticipo del TFR non è un premio da concedere né un favore da chiedere in punta di piedi. È un diritto, ma anche una scelta con implicazioni importanti. Riconoscerlo per quello che è – uno strumento di dignità e sicurezza, ma non privo di rischi – è il primo passo per costruire un rapporto più equo tra lavoratore e datore di lavoro.

commercialista aversa

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